Carie dentaria

La carie dentaria (dal latino careo, “essere privo”) è una malattia degenerativa dei tessuti duri del dente (smaltodentina) su base infettiva, che origina dalla superficie e procede in profondità, fino alla polpa dentale.

A causarla sono i comuni microrganismi presenti nel cavo orale, principalmente quelli adesi al dente nella forma di placca batterica, che se non mantenuti sotto controllo attraverso le comuni pratiche di igiene orale, o nel caso di abbassamento delle difese immunitarie, riescono a dissolvere la matrice minerale e organica che costituisce il dente, creando lesioni cavitate.

Il sintomo principale è il dolore, che compare però spesso solo quando il processo è sceso molto in profondità, interessando l’organo pulpare (pulpite). Il trattamento prevede l’asportazione del tessuto infetto e la sua sostituzione con materiale adatto (odontoiatria conservativa), e, nel caso di coinvolgimento pulpare avanzato, l’asportazione del tessuto pulpare e la sua sostituzione (endodonzia).

 

Carie Dentaria - Dentax
La carie rimane una delle patologie croniche più diffuse a livello mondiale.

In Italia a livello giovanile dati rilevati nel 2006 indicano una prevalenza del 22% a 4 anni e del 44% a 12 anni.  L’indice usato per rilevarla è il DMFT (Decayed Missing Filled Teeth), che rilevando il numero di denti cariati, curati e persi dà un quadro del livello di aggressione individuale. Peraltro questo indice tende frequentemente a sottostimare la presenza della patologia, in quanto le rilevazioni sono normalmente eseguite attraverso esame visuale, mentre è l’esame radiografico il più indicato per una diagnosi precisa.

 

Eziopatogenesi

I fattori della carie dentaria sono essenzialmente 4: batteri, zuccheri, fattori predisponenti, tempo.

I batteri che vivono nella bocca e convivono con l’individuo sono normali commensali del cavo orale che non possono essere eliminati, in quanto forieri di numerosi effetti positivi: si pensi anche solo alla semplice competitività con specie altrimenti patogene (quale il batterio della difterite). Esistono però processi o condizioni che possono alterare questi fini equilibri e slatentizzarne il potenziale patogeno: quando questo si verifica nel cavo orale, essi portano all’insorgenza della carie.
La carie pertanto è una patologia infettiva per la quale, a causa del mutarsi delle condizioni, batteri normalmente non nocivi provocano dei danni.

In un dente nelle condizioni di salute normale, i batteri presenti nel cavo orale debbono prima penetrare attraverso lo smalto, barriera naturale a matrice cristallina altamente mineralizzata, che in presenza di acidità può però solubilizzarsi.
I batteri, nutrendosi dei residui alimentari (principalmente zuccheri) producono metaboliti apH acido che determinano dei varchi nello smalto, che viene ad assumere un aspetto poroso (white spots): si parla in questi casi di carie superficiale, sempre asintomatica.
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Quando lo smalto viene totalmente oltrepassato, i batteri trovano la dentina, tessuto con maggiore contenuto organico e attraversato da canali microscopici detti tubuli. In questa fase il processo carioso può procedere più speditamente e diventare cavitato, se la matrice dentinale viene completamente distrutta. Questo spiega perché si ritrovano tipicamente cavità ampie in dentina con accessi coronali smaltei molto limitati. Nel momento in cui il processo carioso si avvicina al tessuto pulpare, batteri e prodotti tossici del processo di degradazione attraverso i tubuli dentinali possono attivare processi infiammatori, e compare la sintomatologia dolorosa vera e propria (pulpite).

Nel caso esistano difetti dello smalto dovuti a deficit nel processo di odontogenesi o, più frequentemente, quando in seguito all’abbassamento della gengiva per cause naturali (età) o patologiche (parodontopatia) si viene ad esporre la dentina radicolare direttamente all’ambiente orale, i batteri possono attaccare subito lo strato più debole del dente, portando a processi cariosi più rapidi e più difficili da curare, con frequente recidiva.

 

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